Due casi di donne morte perché hanno rifiutato la chemioterapia. Mortalità e chemioterapia. Limportanza della centralità del paziente
Lettera aperta della Presidente del Board, prof.ssa Pucci Romano, sulle tematiche in questione
Sono di questi giorni le notizie che ben due persone sono morte di cancro dopo aver rifiutato la chemioterapia. E quasi contemporaneamente, su una rivista prestigiosa, Lancet Oncology, è stato pubblicato uno studio sulla nocività delle cure che in alcuni ospedali inglesi avrebbe provocato la morte del 50% di alcuni pazienti: “I ricercatori hanno esaminato il numero di malati deceduti entro 30 giorni dall'inizio della chemioterapia. In particolare, lo studio ha preso in esame più di 23.000 donne con cancro della mammella e circa 10.000 uomini con carcinoma polmonare non a piccole cellule: 9.634 sono stati sottoposti a chemioterapia nel 2014. Entro 30 giorni sono morti 1.383 pazienti. Il tasso di mortalità a 30 giorni aumentava con l’età sia nei pazienti con cancro al seno che in quelli con tumore del polmone. La mortalità, inoltre, è stata maggiore nei pazienti che si sottoponevano per la prima volta a chemioterapia rispetto a coloro che avevano già fatto dei cicli di cura”. Questi i risultati.
Entrambe le condizioni meritano più di una riflessione.
Sulla scelta di sottoporsi a terapie alternative nella speranza di sconfiggere il cancro, è molto importante soffermarsi meglio.
Come Dermatologa, sono responsabile di un ambulatorio dedicato all’accudimento del paziente oncologico per la Tossicità Cutanea indotta da Chemioterapia (e non solo)presso l’Ospedale S. Camillo di Roma e nel corso della mia esperienza, ho visitato più di 1500 pazienti che, in seguito all’utilizzo di determinati farmaci, (specie quelli di nuova generazione), vanno incontro a problemi seri e invalidanti a carico della pelle e dei suoi annessi (unghie e capelli). Controllare, soprattutto prevenire questi spiacevoli effetti, premette al paziente e all’oncologo di continuare la terapia e salvaguardare la qualità della vita.
Eccolo qua il nocciolo della questione: la qualità della vita. Perché se è vero che una terapia aggressiva e mirata ha sempre più spesso la meglio sul cancro, è anche vero che spesso il prezzo da pagare per sostenerla è davvero alto.
La mia esperienza in merito mi ha portato a una serie di considerazioni che vorrei esprimere e condividere con tutti i medici che si occupano del cancro: la centralità del paziente è un concetto che non si può più derogare. Siamo noi medici che dobbiamo ruotare intorno a lui e smettere di detenerne una sorta di monopolio. Dermatologia, Nutrizione, Psicologia, sono solo alcuni esempi di branche mediche che sempre più necessitano affiancamento nella gestione del paziente oncologico. E aggiungerei anche un’altra realtà: la Medicina Integrata.
Oggi grazie alla possibilità di navigare in rete, le notizie fruibili in merito sono innumerevoli. I pazienti , una volta avuta la diagnosi terribile, non resistono a volerne sapere di più. Ecco allora il commercio di integratori, succhi miracolosi, alimenti speciali, veleni particolari e tanto, tanto altro ancora.
Sarebbe ora che alla medicina integrata venisse conferita una seria e corretta dignità scientifica, in modo da poter essere noi a dare consigli assennati e mirati per gestirla.
Eviteremmo così abbuffate di Aloe vera, per esempio, che è sicuramente un varietà botanica ricca di pregi e effetti curativi (come la riparazione cellulare), peccato però che sia dotata di Fattori di Crescita che possono interferire negativamente sulla crescita tumorale. Spesso i pazienti che visito nel mio ambulatorio, mi confessano, più che all’oncologo di cui hanno una sorta di timore reverenziale ,di essere ricorsi a sedicenti naturopati o di aver comprato in rete quantità di prodotti per la guarigione dal cancro. Hanno cambiato abitudini alimentari drasticamente, optando per regimi “talebani” e privativi.
Non bisogna lasciarli soli di fronte a questa loro motivata necessità, soprattutto non la si può più ignorare.
Così, li ascolto, non li rimprovero dall’alto della mia competenza (che spesso per queste cose non c’è…) e cerco sempre di informarmi su quanto mi raccontano, proprio alla ricerca di una corretta validazione scientifica dei fatti dove ci fosse. Questo perché di imparare non si smette mai e conservare una buona dose di umiltà nel nostro lavoro, ci rende molto più recettivi alla comprensione delle cose e acuisce la curiosità scientifica.
La medicina del terzo millennio, quella vincente, promuove la multidisciplinarietà e il dialogo stretto e continuativo tra chi prende in carico un paziente, specie quello oncologico.
Solo così sarà davvero possibile salvaguardare la qualità della vita e impedire che le terapie possano uccidere o che vengano evitate.
Pucci Romano MD
Dermatologa
Presidente Board “IL CORPO RITROVATO”
Referenze: